Filtro antiparticolato benzina, come funziona e perché è necessario
Reso indispensabile dell’iniezione diretta, il GPF è simile al suo omologo diesel, ma si autopulisce più facilmente.
Fino a pochi anni fa, la voce “filtro antiparticolato” era inequivocabilmente associata ai motori a gasolio.
Introdotto per la prima volta alle soglie del nuovo millennio, quando il common rail ha dato vita a generazioni di Diesel più performanti grazie a un processo di combustione più fine, serviva a contrastare le cosiddette polveri sottili o PM10, “catturate” appunto da un filtro apposito che sui sistemi più avanzati è in grado di auto-pulirsi.
La formazione del particolato, tuttavia, non dipende dal tipo di carburante ma dal tipo di combustione, nello specifico quella dei motori a iniezione diretta che consentono di vaporizzare meglio il combustibile ottenendo consumi inferiori ma hanno tra gli effetti collaterali una maggior quantità di polveri sottili allo scarico.
Polveri che secondo i rilevamenti, sarebbe centinaia di volte maggiori rispetto ai sistemi a iniezione indiretta, e 10 oltre più alti di quelli dei diesel.
Con la rivoluzione tecnologica che ha portato questo dispositivo a diffondersi rapidamente anche sui benzina, il problema del particolato è dunque diventato comune.
Tanto che, a partire da Euro 5, le normative antinquinamento hanno previsto degli specifici limiti anche per questi motori, rendendo necessario dotare anche loro di filtri specifici (alcune Case comunque, come Volkswagen e PSA, già ci stavano lavorando).
I filtri antiparticolato per i benzina, chiamati anche “GPF” (Gasoline Particulate Filter) hanno la stessa funzione: consistono in un condotto con canali sottilissimi rivestiti con materiali in grado di di attirare e trattenere le particelle sottili, e come sui Diesel sono provvisti di sistemi di rigenerazione che li ripuliscono bruciando le polveri accumulate per evitare che si intasino.
Sui Diesel, questa pulizia avviene con una specifica procedura che alza temporaneamente la temperatura dei gas di scarico di qualche centinaio di gradi tramite una post-combustione.
Questa si ottiene iniettando carburante quando i gas sono prossimi ad uscire dai cilindri oppure attraverso un iniettore supplementare posizionato nello scarico, che attiva la post-combustione direttamente all’ingresso del filtro.
Soprattutto nel primo caso però, al momento della rigenerazione occorre che il motore stia funzionando a regime costante e non al minimo per alcuni minuti.
Di qui, il bisogno di una spia che comunichi al conducente la necessità di favorire la procedura percorrendo, ad esempio, qualche km in tangenziale per mettere il motore nelle condizioni ideali.
Per i motori a benzina, invece, il processo è molto più semplice perché la combustione genera temperature maggiori e quindi gas più caldi.
Grazie a questo – e all’uso di materiali specifici per il filtro come la Cordierite e ottimizzazioni dell’iniezione – la pulizia non deve essere comandata in uno specifico momento ma avviene in modo praticamente continuo e senza che il conducente debba fare nulla di particolare.
Per quanto invece riguarda la sensoristica di questo tipo di impianto rimane invariata rispetto a quello montato sui motori diesel.
La sensoristica di questo filtro antiparticolato rimane invariata rispetto alle motorizzazioni diesel. Rimangono infatti i 2 sensori di temperatura gas di scarico (monte e valle filtro), sensore di pressione differenziale e le due sonde lambda superiore e inferiore.
A nome del team Help Desk Tecnico vi ringrazio e vi auguro buon lavoro
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